Giuda in letteratura e musica, prima del “Judah” di Massini

Il Pistoia Teatro Festival apre questa sera tornando sul controverso personaggio di Giuda Iscariota, per mano di Stefano Massini. Fiorentino, classe 1975, autore dell’acclamatissima Lehman Trilogy, è ad il drammaturgo italiano più rappresentato all’estero.

Stefano Massini

Il suo Vangelo secondo Judah debutta questa sera alle 21:30 in Piazza San Giovanni XXIII di fronte – come per un dialogo – al celebre Fregio Robbiano che raffigura le Sette opere di Misericordia. Misericordia di Giuda, misericordia per Giuda o entrambe? Chi assisterà saprà. La mise en espace del testo è a cura di Claudia Sorace, le musiche sono di Enrico Fink: leggono Ugo Pagliai e Luigi Lo Cascio. Base di ispirazione per Massini è stato l’apocrifo Vangelo di Giuda, testo gnostico di tradizione complessa e frammentaria. Ma perché tornare oggi su Giuda?

Giuda è il traditore per antonomasia, archetipo di sé stesso fin dall’etimologia: il tranquillissimo verbo tradĕre, che aveva in latino il semplice significato di ‘consegnare’, assume connotazione negativa proprio in seguito all’episodio evangelico in cui Giuda consegna, per l’appunto, Gesù ai romani.

In molti si sono ispirati al Vangelo di Giuda sollevando nuove interpretazioni, di carattere soprattutto teologico e filosofico, spesso tese a riabilitarlo. In modi diversi, le questioni di fondo sono le stesse: Giuda era libero di scegliere diversamente? Quanto può essere colpevole di un destino a cui non poteva sottrarsi? È giusto farne un’icona del Male, dal momento che dal suo tradimento conseguono il sacrificio di Cristo e la remissione dei peccati?

Jorge Luis Borges con il racconto Tre versioni di Giuda, raccolto nel volume Finzioni (1944) affronta di petto le contraddizioni bibliche moltiplicando il personaggio e i suoi doppi, arrivando a raccontare, come da titolo, tre Giuda del tutto diversi (l’idea del doppio non dev’essere estranea al testo di Massini, dal momento che sia Lo Cascio che Pagliai interpretano Giuda); Il biblista inglese Hugh J. Schonfield col romanzo Il complotto di Pasqua (1965) descrive un Giuda in piena combutta con Cristo, per realizzare il disegno di Dio; Giuseppe Berto con il romanzo La gloria (Mondadori, Milano 1978) fa di Giuda un “umile strumento” al servizio di Dio e del suo disegno, riprendendo lo stesso concetto.

Cimabue

Così analizzato, scomposto in molteplici interpretazioni, Giuda finisce per diventare una questione filosofica più che un personaggio, un simbolo inautentico e ambiguo di cui fatichiamo a immaginare il carattere, che tendiamo a collocare nella speculazione più che nella realtà. Per riscoprirlo umano – mentre ci prepariamo ad assistere al Judah di Massini – dobbiamo piuttosto cercare tra i contributi dell’arte e della cultura contemporanea. L’arte ha infatti la fortuna di non avere funzione teologica, è chiamata cioè a porre domande più che a dare risposte; eppure secoli e secoli di dibattiti sul libero arbitrio impallidiscono di fronte all’immediatezza e potenza comunicativa di uno spettacolo, di un film o, perché no, di una canzone.

Giuda (se non l’hai capito), contenuta in uno dei primi album del cantautore italiano Roberto Vecchioni (Il re non si diverte, 1973) dà voce ad un Giuda polemico, che sfoga tutta la sua frustrazione accusando Cristo di averlo trattato come una pedina: «Ma il primo a uccidersi /per farti re /è stato quello che non salverai […] e ti serviva un uomo da usare e gettar via / appeso ai nostri buoni così sia». L’aspetto umano di Giuda è al centro di molte altre canzoni di autori e generi lontanissimi. In Giuda di Antonello Venditti è uno spaccone ormai pentito: «Oggi come allora / ero solo un uomo / ora un uomo solo / E mi grido dentro/ Tutto il mio dolore /L’ho pagata cara /La mia presunzione […]». In The Judas Kiss (Metallica), sinistro e vendicativo, invita chi l’ha spedito all’inferno a raggiungerlo: «Bow down, Sell your soul to me, I will set you free, Pacify your demons […]». In Judas (Lady Gaga) diventa – ovviamente – icona maudit e sottilmente erotica: «I’m in love with Judas […] I’ll bring him down, bring him down, down / A king with no crown, king with no crown […]».

Per non parlare del cinema, che da Jesus Christ Superstar (Jewison, 1973) a L’ultima tentazione di Cristo (Scorsese, 1988) rilancia un Giuda coraggiosamente ribelle.

Quella di Massini è la prima, rilevante incursione del teatro d’autore sul tema. Il contesto teatrale suggerisce fra l’altro un ulteriore, ambiguo gioco di specchi: sarà libero Giuda di uscire dal copione?


Alfredo Marasti