SCOPPIA UN NUOVO CASO DI FEBBRE “MOSCHETTIERA”

D’Artagnan e I Sacchi di Sabbia scoprono l’America degli anni 30

«Tutti per uno, uno per tutti!» è la sintesi esemplare con cui la letteratura riesce a svelare il cuore di storie vere. È il celebre motto conosciuto da grandi e piccini, quello dei moschettieri del re di Francia Luigi XIII, partorito dalla penna di Alexandre Dumas (padre) nel celebre romanzo d’appendice I tre moschettieri (1844). Lo abbiamo letto sui libri, sentito alla radio, alla televisione, al cinema e ora anche in teatro. Capitanata da Giovanni Guerrieri, la compagnia I Sacchi di Sabbia crea una nuova puntata di quella che negli anni Trenta fu considerata in Italia la prima rivista radiofonica di grande successo: I 4 moschettieri. Lo sceneggiato, creato da due giovani piemontesi quali Angelo Nizza e Riccardo Morbelli, musiche di Egidio Storaci, è andato in onda dal 1934 al 1937. Su invito di Santarcangelo 2014, all’interno del progetto “Radio Days”, la compagnia toscana I Sacchi di Sabbia realizza per Radio 3 un sequel de I 4 moschettieri, dedicato proprio a Nizza e Morbelli. In seguito, nel 2015, da un’idea di Rodolfo Sacchettini e Giovanni Guerrieri, nasce da questa esperienza un radiodramma animato, uno spettacolo teatrale portato in scena in tre puntate in occasione del progetto “Infanzia e città”: I 4 moschettieri in America. Oggi, in occasione di Pistoia Capitale Italiana della Cultura 2017, con la collaborazione dell’Associazione Teatrale Pistoiese, I Sacchi di Sabbia ripropone all’interno del Pistoia Teatro Festival la “febbre moschettiera” che ha contagiato l’Italia degli anni Trenta, e ci restituisce in chiave moderna il prezioso gioco sonoro che tanto ha affascinato i primi ascoltatori del mezzo radiofonico, mescolando diversi linguaggi all’interno della macchina scenica: recitazione, illustrazioni, musica, canto, effetti sonori rumoristici tipici del radiodramma e persino il teatro di figura e il teatro delle ombre, in un pastiche che si avvale di numerose contaminazioni.

Ph. Michelle Davis

Tre gli attori in scena, proprio come i moschettieri, che poi sono quattro, come dice uno dei personaggi durante lo spettacolo. E quattro sono, in effetti, le figure che animano I 4 moschettieri in America. Giovanni Guerrieri, dotato di cappa e spada, è l’unico moschettiere in carne e ossa. Interpreta il personaggio di Athos e interagisce con i suoi compagni interloquendo con voci off dalla natura marcatamente fumettistica. Ha un accento francese che, come precisa più volte, sta perdendo da quando si è trasferito negli States. Giulia Solano e Giulia Gallo raccontano gli antefatti, in abiti neri e vagamente formali vestono i panni del narratore. L’una tiene il tempo con una cadenzata modulazione verbale, mentre l’altra canta le vicende della storia sulle note già utilizzate nella trasmissione originale. Entrambe asettiche e impassibili incrementano in questo modo l’effetto parodistico della loro funzione scenica. Guido Bartoli disegna in tempo reale, dà vita ai personaggi di cui sentiamo solo le voci e insieme ai tre attori vivacizza la scenografia in una commistione di teatro e fumetto, come se si trattasse della rappresentazione di una graphic novel. Tutti fanno tutto, ora animano la scenografia mobile costituita da pannelli di legno che, da cornici per le tele di cartone su cui si disegnano personaggi e paesaggi, si trasformano in porte utilizzate dai protagonisti per sfuggire ai loro inseguitori; ora incarnano gli stessi protagonisti della vicenda, indossando all’occorrenza maschere e costumi sagomati su cui sono ritratti i corpi e i volti dei vari personaggi; ora, attraverso l’uso di torce e piccole silhouette, proiettano ombre sulla scena e persino in platea, sul soffitto del teatro, creando il dinamismo di inseguimenti e combattimenti evocato dall’incalzare della musica e delle voci registrate; ora sfogliano i grandi album interattivi che contribuiscono allo sviluppo dell’arco narrativo, mostrando al pubblico i luoghi visitati dai moschettieri.

Ph. Michelle Davis

Questi libri, infatti, vengono sfogliati in modi sempre diversi, seguendo ordini nuovi a seconda della loro funzione: permettono di far correre i quattro moschettieri, piccole sagome attaccate a delle molle dinnanzi uno sfondo che scorre attraverso un rullo, o di farli scomparire dietro porte di carta che si aprono davvero tra le pagine del libro. Così mentre Guerrieri incarna il ruolo del protagonista, gli altri si trasformano nei tipici kōken del Teatro Nō giapponese, quelle figure vestite di nero che si annullano totalmente, che spariscono alla vista del pubblico pur restando in scena. Noi non li vediamo più, concentrati e affascinati da come quei libri prendono vita sotto i nostri occhi di bambini. Così lo spettacolo non diverte soltanto i più piccoli, ma anche gli adulti sembrano seguire con piacere le avventure americane degli eroi di Dumas.
Nelle trasmissioni di Nizza e Morbelli i moschettieri girano il mondo, ma I Sacchi di Sabbia si focalizzano sul loro viaggio in America. Nello spettacolo di Giovanni Guerrieri e Giulia Gallo, con la collaborazione di Giulia Solano, i protagonisti rifuggono dalla realtà, così carica di bisogni, «perché non ci si difende a colpi di spada dai tormenti dell’anima». Cercano di fare carriera nel cinema, ma persino l’impresario di Broadway dall’accento torinese, un disegno che appare su un foglio, li rifiuta sprezzante. «Così, avvezzi solo alla pugna e al periglio, i quattro moschettieri si ritrovano pronti alla supplica e all’umiliazione pur di veder mutate in spettacolo le loro vite». Non più amati come un tempo, con le spade ormai troppo arrugginite per essere estratte rapidamente dai foderi, in un mondo che non ha più bisogno di eroi, i moschettieri cercano invano di togliersi la vita. Dopo una serie di tentativi miseramente falliti decidono di contattare l’italoamericano Nick Amitrano, un boss della malavita, per assoldare dei sicari in grado di far loro la festa. Ben presto però qualcosa cambia, il cinema li nota, la Paramount li ingaggia, e si fa largo il desiderio di recuperare la fama ormai perduta. Al grido di «Io voglio vivere!» sterminano a suon di spada i sicari e i loro mitra. Da qui in avanti si darà vita a una serie di inseguimenti rocamboleschi per le strade di New York, tra polizia, criminalità organizzata e gli stessi moschettieri, di cui noi sentiamo solo gli effetti sonori, la musica galoppante, i passi di corsa, le sirene spiegate, le voci dei personaggi, mentre la scena si anima con le ombre dei protagonisti proiettate tutt’intorno allo spazio, persino in platea.
I Sacchi di Sabbia lavorano su topoi consolidati, trovando il modo di straniarli in senso comico e rimanendo sempre in bilico tra recitazione, arte visiva, canto, teatro delle ombre. Il finale dello spettacolo però rimane sospeso, e nello spettatore resta il forte desiderio di scoprire cosa accadrà nella prossima puntata.

Marzio Badalì


(visto il 24 giugno 2017)